Fotografare per un giornale: due parole con Daniele Solavaggione

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Abbiamo incontrato Daniele Solavaggione, giornalista e fotografo de La Stampa. La serata in sua compagnia è trascorsa velocemente. Mentre parlava ci siamo immersi nel suo discorso allo stesso modo in cui lui quotidianamente si immerge nella notizia.


PIANIFICAZIONE

Lo scopo del fotografo di giornale è  raccontare per immagini, ma il lavoro non si limita ad una rapida raccolta di situazioni sul campo. Il giornalista sviluppa un discorso che rispetti la regola delle 5W (l’evento viene collocato nello spazio, nel tempo  e spiegato). Il fotografo fa la stessa cosa attraverso il suo linguaggio, quello delle immagini che devono essere chiare, comunicative e immediate.

Nel corso della serata Daniele ha mostrato numerose sue foto raccontando la costruzione che c’è dietro ad esse. Dall’incendio della Cavallerizza al concerto degli U2, dal signore che gira per la città  con il suo cane imbalsamato, alle manifestazioni degenerate in scontri con la polizia…

Daniele ha documentato storie di vita ed eventi di cronaca con la sua agenzia che collabora con LaStampa. Il suo è  un lavoro di pianificazione in cui bisogna aver chiaro il soggetto da rappresentare e il modo migliore per farlo. Le fotografie da sole devono essere in grado di far capire il luogo e l’intento (informare o comunicare un messaggio).

Per portare un lavoro ben fatto non si deve andare sul posto sprovveduti. Bisogna studiare fin da prima la situazione e lo scopo per cui si è stati chiamati a fare un servizio e, una volta lì, osservare la scena per trovare il modo migliore per immortalarla.


COMUNICARE ATTRAVERSO LE IMMAGINI – OGGETTIVO O ONESTO?

Daniele racconta più  volte di non aver seguito corsi di fotografia, ma di aver avuto una formazione “artigianale” sin da giovane. Una regola che comunque ha imparato è  che la composizione fotografica è importante anche per un fotografo di giornale ed è necessario puntare per quanto possibile all’armonia e alla ricerca di inquadrature e linee guida nella realtà.

Il reporter deve sottostare a due regole fondamentali:

  • le fotografie devono essere il più  possibile animate
  • documentare in modo oggettivo e onesto

La prima regola va applicata per mostrare come le persone interagiscono con l’ambiente in un determinato avvenimento e collocare il fatto nel tempo. A volte a Daniele è  stato chiesto di costruire cose difficili da rappresentare, come la chiusura dell’ippodromo di Vinovo. Nella foto vediamo le carte delle scommesse in primo piano e in lontananza una figura a cavallo. La scena è  statica, le carte stracciate e la ragazza che gira lentamente per la pista suscitano un senso di abbandono, ma almeno una figura umana è  presente.

Da fotoamatori sappiamo bene che dietro un obiettivo c’è una persona con la sua sensibilità e il suo occhio speciale. Una realtà  oggettiva non esiste e anche un reporter lo sa bene.

Non è  possibile una completa oggettività, ma deve esserci una completa onestà. Daniele fotografa spesso manifestazioni, congressi ed eventi di cui può condividere o meno il contenuto, ma non può abusare del potere del mezzo fotografico (basta un’inquadratura più stretta o più larga per far sembrare che un evento sia stato un fiasco o un successo).


FACCIA TOSTA

Un altro ingrediente importante per questo mestiere è  la spavalderia. Lui ama parlare e non si direbbe un tipo insicuro. Per riuscire a fare certe foto, dice, bisogna interagire con la gente, chiedere e sperimentare punti di vista nuovi. “Buongiorno, sono un fotografo della stampa, posso salire per fare delle foto alla piazza dal suo balcone?” Questa frase, pronunciata davanti ad un citofono di un palazzo in modo sicuro e chiaro è la chiave d’accesso a foto che in mezzo alla calca sarebbe difficile fare (superando la diffidenza e la chiusura sabauda delle persone…)

Alcuni reporter “pigri” fotografano la situazione dallo stesso punto di vista e fanno foto simili tra loro, non ci stupiremo, invece di trovare Daniele su una mongolfiera per catturare dall’alto una scena irraggiungibile.

Questione di punti di vista
Questione di punti di vista

I TEMPI CAMBIANO

Si può  fotografare chiunque senza nessuna etica al fine dell’informazione?

Il fotogiornalista deve anche tenere conto delle norme sulla privacy. Nel 1990 la Carta di Treviso ha sancito regole per tutelare minori coinvolti in fatti di cronaca al fine di evitare strumentalizzazioni. I bambini non devono essere riconosciuti in foto e se uno di loro è  coinvolto in fatti di cronaca (abusi, litigi familiari…) non si dovrebbero fare nemmeno riferimenti geografici.

Tutti dovrebbero essere tutelati allo stesso modo, ma in certi casi non è  possibile. In un’immagine proiettata durante l’incontro, un ragazzo manifestante in primo piano tira una pietra nella direzione di Daniele che scattava. Il giovane è  riconoscibile in volto e la foto è  stata pubblicata sulla Stampa. La polizia può  chiedere ai giornali foto per incriminare qualcuno, ma la procedura è  lunga e non accade spesso. Quello che può  accadere è  che il manifestante stesso o qualche suo conoscente vedano l’immagine tra le pagine di un giornale in edicola, ma in questo caso non è  responsabilità del fotografo, è  del manifestante che nello scontro violento non si è  coperto il volto.

L’atteggiamento nei confronti dei fotografi è  cambiato e molti non vogliono farsi fotografare. Nella mentalità  comune si diffondono due idee contrastanti. Immortalare per lavoro scene cruente è  scorretto e vergognoso, ma, d’altra parte, si pensa che fare foto sia facile e che tutti possano improvvisarsi fotogiornalisti in ogni situazione.


IL MESTIERE DI FOTOREPORTER E’ PROSSIMO ALLA FINE?

Il fotogiornalismo del 2016 è  diventato un mestiere fatto da tutti attraverso immagini e video realizzati con smartphone. Fa tutto parte dell’esigenza di immediatezza che sentiamo sempre di più  attraverso internet e i social network.

La fine di mestieri come quello di Daniele è  vicina? Lui è ottimista. In seguito ad un fatto arrivano prima immagini scattate con smartphone, ma poi, con il passare delle ore, i professionisti iniziano ad andare sul posto e a realizzare reportages che se da un lato peccano per immediatezza, dall’altro sono destinati a testimoniare un evento anche a distanza di tempo, perchè lo sanno “raccontare” più  che semplicemente “registrare”. Le cose cambiano, sì, ma non si può pensare ad una fine della tecnica. Un lavoro come il suo non è  per niente facile e se si pensasse ad un suo declino, tutta l’informazione, la qualità  stilistica e comunicativa sparirebbero lasciando il posto ad immagini poco chiare, tremolanti e anche false.

Il mestiere è  cambiato e si è  anche adattato ai cambiamenti. Nel pesantissimo zaino di Daniele, oltre al corpo macchina e obiettivi troviamo anche un pc e una videocamera per la richiesta del giornale di mandare subito video e foto da caricare sul sito. Anche in un mondo che cambia speriamo che la fotografia di reportage, con eventuali mutamenti sopravviva più  forte che mai e con professionisti come lui!


UN WORKSHOP SUL REPORTAGE

Vuoi approfondire l’argomento e cimentarti nel reportage perchè  questo tema non ti ha ancora saziato?

In primavera lanceremo un workshop sulla multiculturalità sempre tenuto da Daniele Solavaggione: sarà l’occasione per osservare Torino con l’occhio da reporter.

 

One Response

  1. Serata stupenda!

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