Comincia oggi il nostro calendario dell’avvento e comincia con l’attesa.

Se riportiamo il concetto di aspettare (con impazienza, con curiosità) all’ambito fotografico, ci viene naturale pensare ai “tempi” di scatto o di esposizione.


I tempi di scatto: una frazione di secondo fa la differenza

Il tempo di esposizione [o tempo di scatto o tempo di posa o anche tempo di otturazione e velocità di otturazione] è in fotografia, il tempo durante il quale l’otturatore della macchina fotografica rimane aperto per permettere alla luce di raggiungere la pellicola o il sensore nel caso delle fotocamere digitali.

I tempi in fotografia sono generalmente molto piccoli, dell’ordine di frazioni millesimali di secondo. Il più breve tempo di esposizione generalmente disponibile sulle fotocamere è di 1/8000 di secondo, mentre il cosiddetto “tempo di sicurezza” può arrivare a 1/60 di secondo.

Una differenza così impercettibile dai sensi umani (si tratta davvero di un battito di ciglia più o meno veloce) può fare una grande differenza in fotografia. Può restituire un effetto mosso sgradevole oppure può consentire di rappresentare il movimento, può bloccare il salto di una ballerina, congelare o rendere fluida l’impressione dello scorrere dell’acqua.


Il tempo di sicurezza

Citavamo il “tempo di sicurezza”: esso è il tempo più lungo possibile che consente, a mano libera, di non avvertire gli effetti dei (micro)movimenti di chi scatta la fotografia. Un tempo da tenere come riferimento di base è pari 1/125 di secondo: con tempi più lunghi bisogna stare bene attenti a non muoversi (ad esempio appoggiandosi ad un muro o sostegno – trattenendo il respiro …).

In realtà il tempo di sicurezza varia in base alla lunghezza focale: con un’ottica normale (50 mm) o grandangolare possiamo spingerci abbastanza tranquillamente fino ad 1/60 di secondo, se usiamo un tele invece dovremmo avvicinarci il più possibile al reciproco della lunghezza focale stessa (ad esempio se stiamo scattando a 200 mm il tempo di riferimento dovrebbe essere di 1/250 di secondo).


Tempi corti o tempi lunghi?

La scelta del tempo di esposizione non è solo legata ad esigenze tecniche, ma ha un grande impatto sulla resa della fotografia stessa.

Il fatto di bloccare il movimento consente di creare immagini inusuali per l’occhio dello spettatore: pensiamo allo scatto che blocca una persona sospesa nell’aria nel momento esatto di un salto. In questi casi la scelta del momento per lo scatto diventa fondamentale.

Soprattutto nella fotografia sportiva e in quella naturalistica si tende a preferire tempi decisamente rapidi per congelare i movimenti.

Se il soggetto si muove perpendicolarmente alla macchina fotografica saranno necessari tempi più rapidi rispetto a soggetti che si muovono venendoci incontro.

Anche la distanza tra fotografo e soggetto influisce: quando il soggetto è più vicino si dovranno utilizzare tempi più corti per riuscire a bloccarlo.

Qualche tempo di riferimento:

  • Persona che cammina: 1/125
  • Persona che corre: 1/250
  • Onde/surfista: 1/250
  • Gocce di pioggia: 1/60 – 1/125
  • Bambini in movimento: 1/250 – 1/1000
  • Moto o auto: 1/500 – 1/2000 (a seconda da quanto siamo distanti e dalla direzione del movimento)
  • Uccelli in volo: 1/500 – 1/1000
  • Skater, ciclista che salta: 1/1000 – 1/2000

Se i tempi corti possono risultare memorabili per il momento esatto che sono riusciti a fermare, i tempi lunghi permettono di ottenere esiti creativi ed evocativi. Fotografie con tempi lunghi permettono di mostrare scie luminose, disegni di luce. E’ particolarmente interessante quando nello stesso scatto convivono elementi mossi e soggetti fermi.

viaggio fotografico Nepal Bodnath
Il tempio buddista di Bodnath: l’uso di tempi lunghi permette di raccontare il movimento rotatorio dei pellegrini attorno al tempio contrapposto al raccoglimento del monaco in meditazione.

 


Buona sperimentazione con i tempi e buona “attesa”!


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